Dal laboratorio di Ciacco Lab alcune preziose considerazioni su nuove tendenze e prospettive future
Confrontarsi con Stefano Guizzetti – professionista con cui collaboriamo da almeno dieci anni, fondatore e conduttore di Ciacco Lab – è sempre una fonte di riflessione e ispirazione.
Avevamo già dato un piccolo spazio alle sue considerazioni in questo articolo, nel 2019, ma ora, che siamo nel pieno della stagione estiva, abbiamo voluto fare un vero e proprio affondo sul tema gelato sottoponendogli alcune domande.
Le nuove tendenze nel mondo del gelato faranno allontanare dalle tradizionali materie prime impiegate per la preparazione del gelato e dai gusti classici?
“No, non lo ritengo affatto. Credo che, al di là delle nuove tendenze, i gusti classici e le materie prime più convenzionali rimarranno sempre in voga. Credo si debba fare una distinzione: la parte creativa solletica le persone più curiose, ed è una tendenza in crescita. Tuttavia il gelato inteso come comfort food rimane comunque in auge.
Quando un cliente vuole la coccola ricerca sempre i gusti classici, più appaganti, come la vaniglia, la nocciola, anche quando è un palato incline alla sperimentazione. Credo che la scelta di uno e dell’altro sia dettata dal momento e dal contesto di consumo”.

A che punto siamo con la cultura del prodotto gelato in Italia? C’è una buona fetta di persone in grado di riconoscere il prodotto davvero artigianale da quello industriale/preparato con semi-lavorati?
“Siamo molto indietro. C’è un bel fermento, indubbiamente. Ci sono artigiani bravi che stanno portando avanti questa evoluzione. Se la guardiamo da un punto di vista generico, di massa, è ancora troppo poco. Anche il consumatore “attento” ha molte difficoltà a riconoscere un prodotto veramente artigianale. È complesso perché ci sono tante variabili, non c’è ancora una cultura consolidata. Il nostro rapporto con il gelato è attraversato da tante dinamiche: è un cibo il cui consume è condizionato dal posto, dal momento, dalla temperatura, dalla compagnia. Ogni volta che noi degustiamo un gelato entrano in gioco memoria, gestualità, ritualità. E quindi la parte soggettiva, legata alla valutazione qualitativa, è spesso fortemente condizionata”
C’è ancora margine per l’innovazione nel mondo del gelato? Se sì, pensi che ci si concentrerà più sul gusto/abbinamento, sulla struttura o sugli aspetti salutistici?
Credo ci sia ancora molto spazio. Il gelato si contamina con tecniche, processi, tendenze in ambito gastronomico (che nascono come prettamente gastronomiche e poi tendono a raggiungere anche il mondo gelato). Si può fare molto, moltissimo, in merito a temperature e texture. La sperimentazione di texture a range di temperatura diversi da quelli canonici può dare risultati sorprendenti. Ma il tema più urgente a mio avviso riguarda sicuramente gli aspetti salutistici, e non mi riferisco al ‘senza lattosio’, consolidatosi negli ultimi anni. Sto pensando al gelato proteico o con basso tenore zuccherino. Sebbene per noi il gelato sia comunque un dessert, quindi contenente zucchero, stiamo lavorando a a una parziale riduzione degli zuccheri. Diversamente ignoreremmo le richieste sempre più specifiche del mercato.

Come valuti la presenza del gelato al ristorante? Penalizza le gelaterie o aiuta ad avvicinare le persone a un prodotto davvero artigianale (quando, il gelato servito al ristorante, è buono per davvero)?
“Dipende dal ristorante. Le insegne che lavorano proponendo un prodotto di qualità, curato, raccontano al pubblico che il gelato è un alimento freddo e può essere presentato in altre modalità e valorizzato in situazioni diverse da cono/coppetta. Ecco, le realtà che marciano in questa direzione sicuramente aiutano il nostro settore”.
Il gelato artigianale è un alimento, ci preme sottolinearlo, accordandoci a Stefano, che sta cambiando forma e contenuto… ma per la cui affermazione e definizione, in Italia, necessita di investimento, dedizione e sana comunicazione. Noi siamo sostenitori della qualità e della coesione… e ci crediamo!